di Alberto Zanetti
Sempre bello tornare all’Area Sismica dove hanno ancora un senso e stanno insieme cose e concetti che sembrano ormai estinti o, irrimediabilmente, a pezzi: libertà, ricerca, leggerezza, cortesia, intelligenza, lavoro, scommessa…
E poi la magnifica campagna forlivese verso la collina, verdissima e con una grande luna piena a salutare la fine del concerto. O meglio, del viaggio di circa un’ora offerto da Elio Martusciello, Francesco Giomi e Stefano Costanzo con la loro improvvisazione elettroacustica fatta di cacofonia e silenzi, fisicità e caso. I tre hanno curriculum da elenco telefonico, ma sono lì – umili, tesi e appassionati – a pochi metri da noi.
Un concerto a più movimenti cuciti assieme da cenni, frammentazioni e caos. I tre si regolano con rapide occhiate: accenni di piano, eruzioni industriali, trame elettroniche, archi sfregati, scampanellii… Ambientazione rurale, ma suono da shock urbano, antidoto allo storytelling totalitario di questi tempi. La batteria è un corpo senza organi, Costanzo un prestigiatore-giocoliere.
L’oscurità della sala amplifica la coinvolgente drammaturgia e ci ricorda che da questi parti pubblico e ascoltatori tendono a non coprire la musica con sbicchiaramenti, chiacchiere e piagnistei.
Emozioni, riconoscenza, applausi e poi delle ottime penne agli asparagi: sì perché qua si chiude sempre con una pasta gentilmente offerta. Grandi.
PS: da non perdere la chiusura di stagione con Rob Mazurek del 12 maggio in attesa degli appuntamenti estivi…
(7 maggio 2018)