Dopo due mesi di lockdown avevamo bisogno di idee che ci aiutassero a immaginare un “nuovo mondo”, per il settore culturale e non solo. Allora abbiamo scritto sei domande e le abbiamo mandate ad organizzatori di eventi, promotori di concerti, operatori culturali e direttori artistici attivi in Emilia.
Nuovo mondo è la raccolta delle loro risposte.
Quelle che vi proponiamo oggi sono di Andrea Acerbi che si occupa dell’organizzazione degli spettacoli e di alcuni progetti del Teatro Sociale di Gualtieri per cui cura anche la comunicazione. Nel 2006 ha partecipato all’avvio del progetto che nel 2009 ha portato alla riapertura del teatro dopo quasi 30 anni di abbandono. Dal 2011 fa parte dell’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri e da fine 2015 l’impegno nella gestione del teatro è diventato il suo lavoro e progressivamente ha sostituito quello di architetto.
Come hai passato il periodo del lockdown? E cosa ha comportato per il tuo gruppo di lavoro?
Mi trovo a rispondere il 25 di maggio e a me, quel periodo, la fase 1, sembra distante. Adesso, questo periodo, la fase 2, non siam più alla finestra, ci han detto che pian piano possiamo tornare nel mondo a veder cosa succede. Suona assurda quest’ultima frase, l’avessi detta prima di fine febbraio sarebbe stata incomprensibile. Eppure è così: per un periodo della nostra vita non era possibile stare nel mondo. E invece, a un certo punto più o meno previsto, han come suonato la sveglia: di nuovo fuori a far le cose della vita. Ma è tutto più difficile, a corto raggio, e chissà le conseguenze… Ho bevuto espressi e birrette seduto in distesa, ho rivisto gli amici, son tornato in ufficio, ho fissato il taglio ai capelli, posso camminare per la città, e rifatta benzina, posso arrivare all’Adriatico. Guardo ancora indietro: niente, la fase 1 mi sembra distante, o forse non so ancora collocarla nel tempo. È nitida nel ricordo, ma sospesa nel tempo. È un pensiero anche rischioso. È irresponsabile? È irrispettoso? Io son stato fortunato. Con il lavoro a Gualtieri, proprio stamattina si è fatto una riunione – di persona – per parlare di come e dove far spettacolo quest’estate. Ecco, ora che scrivo, con il mio gruppo di lavoro siamo in questa situazione, per molti versi limitante e poco sostenibile, ma anche potenzialmente fertile a voler esagerare. Ci siam ritrovati da poco, dopo tutti i pensieri e le discussioni adesso riprendiamo il calendario, riprogettiamo gli appuntamenti. In ripartenza anche noi, un po’ dopo i parrucchieri, i ristoranti e le piscine. Un po’ ai margini del discorso pubblico, ma anche del discorso di tanti amici – siam trascurati o trascurabili? –, alla fine anche il teatro e lo spettacolo dal vivo hanno avuto una data su cui proiettarsi. Fase 2 insomma, che strano periodo. Comunque, quel periodo, la fase 1, che non so ben collocare nel tempo, oltre al giardinaggio e alla cucina, per me è stato inedito per un motivo in più, un motivo bello. L’ho passato bene quel periodo, iperattivo e iperconnesso per la prima metà, a remi in barca e più leggero per la seconda.
Un’idea che vorresti realizzare, non appena sarà possibile
Sono sempre stato particolarmente attratto dagli spazi e dai modi di abitarli e attraversarli. Mi ha sempre attratto anche l’ordinario e su queste cose ho fatto qualche ricerca in passato. Il lockdown ci ha forse permesso, fra le altre cose, di riscoprire lo spazio che ci è prossimo, ci ha dato una rinnovata attenzione per il paesaggio vicino. Mi son trovato a immaginare un progetto che tenga insieme la performance con l’esplorazione di paesaggi, che possa essere fruito sicuramente dal vivo, ma che abbia anche una sua forma digitale, differente e interattiva.
Il primo spettacolo a cui vorresti assistere
“L’uomo che cammina”, di DOM-.
Una cosa che si potrebbe fare per ripartire col piede giusto
Per quanto riguarda il teatro e lo spettacolo dal vivo, mi viene una frase che mi vergogno anche un po’: occorre essere contagiosi più del virus, occorre non essere trascurabili. Che secondo me, mettiamo che ripartire col piede giusto significhi ritrovare il pubblico e coinvolgerne di nuovo (ma ci sarebbe da dire molto altro su questo “ripartire col piede giusto”), allora dovremo far dire alle persone che andare a teatro, a Gualtieri o altrove, è un’esperienza da fare e rifare, quasi quanto la birretta nei tavolini all’aperto d’estate, ma diversa, che te la consiglio, che fidati. Serve immaginare situazioni e progetti anche per spazi nuovi, servono narrazioni empatiche, un diverso coinvolgimento degli artisti, si dovranno dichiarare i limiti cercando di giocarci al tempo stesso. Serve responsabilità e ascolto, e slancio.
Dicono che il mondo non sarà più lo stesso… Tu come lo vorresti questo “nuovo mondo”?
Se il mondo non sarà più lo stesso, io non lo so, questo tempo credo debba ancora sedimentare. Provassimo a cambiarlo in meglio, il mondo, a cogliere l’occasione, di robe da sistemare ce ne sono. Ma siamo capaci di farlo andare anche peggio di prima, e il rischio è reale. In generale, mi viene in mente un suggerimento di Italo Calvino, che mi sembra sempre saggio e applicabile anche nel proprio piccolo: cercare e riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, inferno non è, e farlo durare e dargli spazio.
Una canzone che ti ha accompagnato in queste settimane
“It’s Time to Wake Up (2023)” dei La Femme.