Diego Armando Maradona
Speciali

Arranca por la derecha… Diego

Un “biglietto” per gli amici sul “più umano degli dei”. Con un po’ di malinconia perché in fondo – come ha detto Michel Platini – “è il nostro passato che se ne va”.

di Kos Tedde

In quanti stiamo scrivendo in questo momento? In milioni, in miliardi… e chi non lo sta facendo magari piange o ha la testa piena di cose.
Scrivere… parole, parole, parole… a che serve? A niente, forse. Ma in questo “forse” qualcosa ci può stare. Ad esempio, un pensiero per amici e conoscenti: non può finire così, senza dire niente del nostro comune idolo.

Perché sì – anche se si fatica crederlo a dispetto dei tanti segnali arrivati negli ultimi tempi – ci ha lasciato “il più umano fra gli dei”, come lo aveva definito Eduardo Galeano in un ritratto definitivo e indimenticabile.
Diego era un continente con tutta la sua geografia contraddittoria: genio, martire, ribelle, peccatore, farabutto, capopopolo, star, artista… Con i continenti la logica serve a poco.

Per chi ha una certa età – per chi è cresciuto anagraficamente in qualche modo con lui, con il suo mito, le sue giocate, le sue pose – Diego è parte del paesaggio interiore ed esteriore.
Chi scrive ricorda un’estate a metà anni ’80 in cui il suo cognome – così facile per noi italiani eppure lungo, sonoro e caracollante come una delle sue discese – si associava a qualcosa di magico e spropositato: 14 miliardi. Tanto il Napoli sborsò per accaparrarselo e dare vita a una delle mitologie (Napoli + Maradona) più grandi.
E Diego è diventato subito linguaggio comune: “At’sarè mia Maradona”, “Non sarai mica Maradona”: lo si usa ancora – e lo capiscono tutti – per ridimensionare o canzonare gli sbruffoni.

In quegli anni qui al nord la sua figura era temuta e osteggiata. Per rivalità calcistiche, certo. Ma anche per altro: ad esempio, la diffidenza e il disprezzo per il Sud. Per tutti i Sud.
I suoi feroci detrattori – quasi tutti riciclati in acerrimi moralisti negli anni della caduta – non potevano però non riconoscergli lo status di maestro e paradigma. In un certo senso come Ayrton Senna, l’ultimo degli eroi e la prima star mondiale e mediatica del nuovo sport.

Non l’ho mai giocare dal vivo, ma solo sfiorato nell’autunno del 1990: partita a Parma. Lui era alla fine dell’epoca d’oro, io troppo acerbo.
Ma proprio in quella fase calante, tutti ci rendemmo definitivamente conto del patrimonio con cui eravamo venuti in contatto: il “barrilete cosmico”, l’eroe terzomondista di un idioma universale. Maradona vale in ogni lingua.

La leggenda si nutriva anche degli eccessi, dei colpi di testa, delle uscite indifendibili. Anzi, tutto ciò rendeva il quadro completo e umano.
E a noi – tutt’altro che perfetti – faceva piacere che Diego non piacesse a tutti: alle persone ben educate, ai “liberali und riformisti”, a quelli con la fissa delle regole (quando tutti sanno che il banco è truccato) che si apprestavano al feroce annacquamento globale. A quelli che storcevano il naso per le parole ingiuriose rivolte a Woytila, le foto con Fidel, Chavez, Morales, l’insofferenza per gli USA e le ospitate negli “stati canaglia”.


La connessione mondiale degli ultimi vent’anni ha reso ancora più condivise, quotidiane e memorabili le gesta: Life is life.. non servono spiegazioni.
E così in questi anni Diego è stato sempre presente nei nostri discorsi: ricordo, scherzo, iperbole, amuleto, paladino, leggenda. Noi eravamo stati testimoni. Non c’erano confronti, non c’erano paragoni. Non era questione di sport.

Ora che non c’è più – ma quante volte Diego sei morto e risorto? – non potremo più dire: “Che sta facendo Maradona? Ne ha fatta una delle sue? è un po’ che non si sente… Este hombre està muy loco”. Domande e battute che spesso si affacciavano nelle nostre conversazioni dove il Diez era sempre ospite gradito. 

Uno shock, infine, che sia successo proprio ora. Nel mezzo di questa situazione. Tra l’altro, con gli stadi di tutto il mondo che – vuoti – non potranno rendere degno omaggio al loro re. Ma forse c’è una specie di terribile “giustizia poetica” in ciò. Da un pezzo il calcio – non solo il calcio… – non è degno di Diego e non è degno di noi: piatto, avido, infantile, addomesticato.

E allora… addio calcio. Viva Maradona.