“L’ape fa la corte al fiore, il fiore risponde al suo appello, ed essi celebrano nozze gioiose, i cui invitati sono cento foglie”. Emily Dickinson nella sua reclusione lirica aveva eletto la piccola creatura quale compagna ideale. Un rapporto immemore quello tra api e umani, fatto di tanta poesia e prodotti prelibati, ma anche parecchio lavoro. Come ci racconta Enrico “HoneyBuzz” Pugliese che, nella sua azienda agricola di Novellara, in provincia di Reggio Emilia, “coltiva” una passione che ha davvero qualcosa di magico.
Come si diventa apicoltori? Si deve essere punti da un’ape da piccoli come in un racconto mitologico?
Bella domanda! Potrei rientrare in questa casistica perché mio padre ha avuto le api sin da quando ero piccolo e avevamo un’arnia nel giardino di casa. All’inizio ne avevo timore ma pian piano ho preso sempre più confidenza, fino ad arrivare a mettere dei giocattoli davanti all’arnia per vedere come avrebbero reagito. E a quel punto ho superato la linea rossa. A parte quest’aneddoto gli apicoltori sono persone diverse e disparate, e lo stesso può essere detto delle motivazioni che ci avvicinano al mestiere. C’è chi viene dal mondo rurale, e chi invece fa tutt’altro, chi vuole estendere le attività dell’azienda e chi invece lo fa puramente per passione.
Le api sono una meraviglia del creato. A noi non addetti ai lavori capita ogni giorno di imbatterci – magari sul web o in documentario – in un nuovo sorprendente aspetto del loro comportamento. Puoi raccontarci qualche aneddoto sulle loro imprese ricavato dalla tua esperienza diretta?
Vedere, alla fine di una bella stagione, i fusti di miele pronti per essere caricati fa sempre una certa impressione… Ti chiedi “come hanno fatto degli esserini così piccoli a mettere insieme tutta questa roba?”. È stato stimato che per produrre un kg di miele, se si mettono insieme le distanze dei voli tra alveare e aree di raccolta, si raggiunge una distanza di 150.000 km!
Qual è il rapporto tra apicoltore e ape? Servo/padrone? Oppure ti sembra di dirigere un’orchestra? O, in realtà, vai a lezione da loro?
Forse servo/padrone si può avvicinare, solo che il padrone non sono io…
Winnie the Pooh, Orso Yogi, Ape Maia, Ape Magà… il mondo delle api ha ispirato la cultura pop. Ti senti vicino a qualcuno di questi personaggi?
Forse sono fuori con l’età… E c’è ancora da fare per entrare a pieno titolo nella cultura pop, per esempio valorizzando meglio i prodotti dell’alveare e quello che ci si può creare (saponi, candele, idromele). Trasformare l’ape in una fatina portatrice di bene che “più ce ne sono e meglio è” secondo me ha prodotto più che altro “patacchini” da esibire sul logo dell’azienda. Altra cosa interessante sono le attività di avvicinamento alle api, ed è uno degli obiettivi dell’associazione Apicoltori Reggio Parma di cui faccio parte.
Fatti pubblicità: raccontaci qual è il tuo prodotto preferito e magari non tanto conosciuto, quello che consiglieresti all’amico più caro…
Produco diversi mieli monoflora: principalmente acacia, tiglio, castagno. Quando ci sono le condizioni provo anche col coriandolo e il falso indaco. In generale però il consiglio che do è quello di contattarmi e chiedere di volta in volta se c’è qualcosa di particolare: a volte le api raccolgono anche altro nettare oltre a quello che interessa all’apicoltore e spesso i risultati sono molto interessanti. Noi li bolliamo genericamente come “millefiori” ma all’interno di questa dicitura c’è un mondo intero.
Chiudiamo su note ottimistiche… Spesso si sente dire che il declino delle api rappresenterebbe l’inizio della fine per il Pianeta Terra: nella tua quotidianità che segni cogli di questo deterioramento ambientale?
Tecnicamente il collasso dell’alveare è causato da una concatenazione di fattori avversi nel momento in cui la famiglia si avvia verso l’inverno e decresce naturalmente la sua popolazione. Il segno più evidente è la fatica che fanno le api fanno a svernare senza l’intervento dell’apicoltore. Molti apicoltori anziani inoltre affermano di riscontrare un calo nella popolosità degli alveari rispetto a quando hanno iniziato. Tutto questo ha radici profonde nel modello agricolo che stiamo seguendo, e nell’impronta che lascia sull’ecosistema che lo ospita.
“Come avete fatto” è una rubrica pubblicata nella versione cartacea di TIPO magazine.