di Alberto Zanetti
Matteo Cavezzali è uno degli scrittori più intraprendenti segnalatisi negli ultimi anni nel panorama italiano: romanziere, podcaster, direttore di festival (“ScrittuRa” di Ravenna), attratto dalla storia tra fiction e personaggi “pubblici” (la storia dell’anarchico Buda in “Nero d’Inferno” o quella di Raul Gardini in “Icarus”).
Cavezzali sarà uno dei protagonisti dell’edizione 2022 di Autori in Prestito, la rassegna curata da Paolo Nori e promossa da ARCI Reggio Emilia che porta nelle Biblioteche pubbliche della provincia reggiana scrittori, artisti, creativi, musicisti, scienziati con i loro preziosi consigli di lettura, ascolto, visione che spesso diventano coinvolgenti racconti di formazione.
In attesa di incontrarlo venerdì 25 novembre alla Biblioteca Comunale di Sant’Ilario d’Enza (ore 21, ingresso libero), gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Nell’incontro di Autori in Prestito ci parlerai dei libri della vita… In questi ultimi tempi, invece, ti sei imbattuto in qualcosa che ti ha colpito e che ci potresti consigliare?
È un periodo in cui stanno uscendo molti libri interessanti. Tra i romanzi ti direi Mohamed Mbougar Sarr, scrittore franco-senegalese, di cui ho apprezzato molto “La più recondita memoria degli uomini” (e/o). Sul reportage invece consiglio “Viaggio sul fiume mondo” (Mondadori) un reportage in Amazzonia dello scrittore Angelo Ferracuti e del fotografo Giovanni Marozzini.
Spesso i tuoi libri – anche l’ultimo romanzo “Il labirinto delle nebbie” che potremmo definire un giallo – partono da una suggestione storica. Domandona: qual è la tua idea di letteratura?
Credo che un libro debba semplicemente raccontare una storia, e farti conoscere personaggi che ti possano rivelare qualcosa di te, e del mondo che hai attorno. Io ho trovato molti spunti nella storia, in particolare di avvenimenti successi in Emilia-Romagna, una regione ricca di personaggi bizzarri, e di spunti perfetti per uno scrittore. La storia di Buda che fece saltare in aria Wall Street è una vicenda incredibile, mi sembrava assurdo che nessuno l’avesse mai raccontata e così ho dovuto rimediare io. E così potrei dire un po’ di tutti i miei libri.
I tuoi libri sono diventati spettacoli, hai realizzato podcast di successo, dirigi un festival: come si integra questa attività nel mondo comunicativo e culturale con la vita dei tuoi libri?
Ci sono tanti modi di raccontare una storia: i libri, il teatro, il cinema e i podcast sono solo facce diverse, adatte a momenti diversi, ma per me è sempre la stessa cosa. Ogni forma ha una sua caratteristica peculiare: Il podcast può essere ascoltato in qualsiasi momento, il teatro da una certa intimità con lo spettatore, mentre i libri – che rimangono i miei preferiti – ti danno la possibilità di andare più a fondo nel lato introspettivo dell’animo umano.
Al di là dei “doveri” promozionali, cosa ti restituiscono gli incontri con il pubblico e con i lettori?
Amo molto viaggiare e incontrare persone. Credo sia una delle parti belle di questo lavoro. Passi metà del tempo completamente da solo a scrivere in una stanza, e il resto in mezzo a tanti sconosciuti, che incontri per un’ora o una serata, e che però ti lasciano ogni volta qualcosa, che poi va a nutrire le storie che racconterai.
Com’è il tuo rapporto con Ravenna, la città dove sei nato e sono ambientati diversi dei tuoi lavori? A noi che veniamo da fuori sembra una realtà, specie negli ultimi anni, piuttosto viva e stimolante.
Ravenna è una buona città per scrivere. È molto silenziosa, e abitata da persone un po’ strane. C’è una vivace vita culturale, due biblioteche molto dinamiche, due teatri, concerti in spiaggia. Non ci si può lamentare dai.
Ti sei occupato di anarchici e partigiani (ricordiamo il podcast su Bruno Neri)… Come vedi il momento che sta attraversando il nostro Paese?
Ah, pensavo di risolvere questa intervista velocemente… ehehe. Mi affascinano i ribelli, in particolare quelli sconfitti, come gli anarchici, che hanno sempre perso ovunque. Siamo in un periodo in cui la politica è ormai dominata da affaristi ed egomaniaci, ignoranti e rabazzieri. E non da pochi anni in realtà. Io credo più nella politica attiva fatta da piccoli gruppi, da comunità, da persone che resistono alla tempesta stringendosi le une alle altre. I politicanti dei palazzi non mi interessano, sono noiosi, nessuno potrebbe mai scrivere un bel libro sulle loro vite insulse. è gente senza fantasia, il futuro non è per loro.
Immagine in evidenza: Matteo Cavezzali (foto di Grazia Ippolito)