di Alberto Zanetti
La voce e la chitarra di Jaime Dolce hanno scaldato questo nostro inizio di anno.
Brookliniano doc, dopo tante storie e collaborazioni eccellenti, Jaime ha scelto l’Italia. Prima la Toscana, da una decina anni Parma dove vive con la famiglia. E non smette di percorrere la penisola con la forza di un suono che mette insieme classe, attitudine e le radici più diverse: il “grande fiume” del blues, via Hendrix, qui omaggiato con una “Fire” virata reggae, e poi soul, funk, ma anche southern rock, psichedelia e tanto di quello che è successo nel frattempo. “A human jukebox”: così, non a torto, lo definisce Mark Graham nelle note di copertina di “Lovegenerator”, uscito a fine 2021.
In attesa di vederlo live, abbiamo parlato con Jaime del nuovo album realizzato insieme agli Innersole che arriva dopo “Purple Blues” (1999), “Peaces” (2008), “Sometimes Now” (2010) ed “Elevation Blues” del 2015.
“Lovegenerator” è stato registrato nei mesi delle “zone” e dei vari lockdown. Gli Innersole sono divisi tra Emilia e Toscana. Non deve essere stata una passeggiata… Com’è nato l’album? E cosa rappresenta rispetto a questo periodo?
Sento che stiamo vivendo un periodo “anti love”. Credo che tutti abbiamo paura di non avere soldi e di non possedere ciò che hanno gli altri. In generale le persone non sembrano apprezzare il singolo momento o capire quanto sono fortunate. Vedo che danno ai figli più cose materiali che amore. Anch’io ero attraversato da questa atmosfera: avevo pronta la musica per una canzone, ma mi mancava qualcosa, non riuscivo a finirla. Ma poi, durante i mesi del lockdown 2020, essere padre mi ha ispirato e dato forza. Così è nata la canzone “Love Generator”, dedicata a mia figlia e a tutti i futuri adulti, che poi ha dato l’impronta all’album intero.
I componenti degli Innersole hanno provenienze e storie diverse: puoi presentarci i tuoi attuali compagni di viaggio per un progetto, quello di Innersole, nato più di vent’anni fa?
Devo iniziare dicendo che le nostre strade si sono separate da Filippo Buccianelli che ha suonato le tastiere con noi per circa 10 anni e fatto i suoni, registrato e co-prodotto insieme a me l’album. Quindi siamo tornati a essere un trio. Matteo Sodini viene da Lucca e suona con me dal nostro primo concerto del 1999: oltre ad essere un musicista incredibile è anche un amico che rispetto immensamente. Rappresenta il perfetto equilibrio tra feeling e tecnica, comprende la magia di batteristi come Ringo Starr, Steve Jordan, Zigaboo Modeliste o Keith Moon. E poi, da Parma, c’è Mr.Tiba, Andrea Tiberti: l’anima nella “suoletta” ovvero il Soul degli Innersole (qui Jaime fa un gioco di parole con il nome della band: suola interna, soletta, NdR). Il suo sound è grande e diretto, tutto attitudine alla Billy Cox, alla Aston Barret. Anche lui un grandissimo amico, averlo conosciuto è un grande privilegio. Sono molto fortunato che siano entrambi nella band.
Tra i 15 brani che compongono l’album, di cui 13 autografi, vado matto per il classico di Slim Harpo con “coda” dub e per “My Blue Horizon” che potrebbe non fermarsi mai. Qual è invece il tuo brano preferito, quello a cui sei più legato o che ha rappresentato qualcosa di speciale?
Dipende dal momento… La title track è molto importante per me perché mi ha accompagnato a lungo e alla fine si è completata attraverso la connessione con mia figlia. Ma credo che anche “My Blue Horizon” sia molto personale… Come dicevo, dipende da come sta andando la mia vita in un certo momento. Mi sento meglio e generalmente più sicuro di questo disco che di qualsiasi altro che ho realizzato. E poi sono fiero di aver scritto una canzone contro il denaro, “Money Aint Nothing”. Anche se, naturalmente, ho un disperato bisogno di soldi…
Il concetto che ricorre di più nelle tue parole per presentare l’album – fa parte anche del titolo – è “Love”. Mi sembra che il suo significato sia più ampio rispetto a quello che noi italiani attribuiamo ad “amore” e sia sinonimo di una specie di energia che tiene insieme le persone (o dovrebbe farlo), ma riguarda molto anche la musica (o un modo di viverla e di intenderla…), la sua capacità di nascere e risorgere, espandersi, creare connessioni dove meno ce lo aspettiamo, offrire una via di fuga di fronte a ciò che ci sembra insormontabile. E poi “love” è anche l’intensità fisica ed emozionale di blues, soul, funk… Che ne dici? Cos’è dunque per te questo “love”?
Penso che tu l’abbia detto perfettamente, grazie! Love, amore per me è quella cosa che molti chiamano Dio o divinità. Per me la musica è amore, l’amore è musica, il motivo per cui sono qui, perché siamo qui. Come diceva John Lennon, come dicevano le nostre madri, come dice la luna, come dicono le stelle…(giuro che non sono fatto! Non ancora, almeno…). Penso che il mondo sia un tale, triste disastro perché siamo imbarazzati a pronunciare la parola “amore”, perché crediamo di dover essere i primi a dire “non mi importa!”, perché confidiamo nel falso potere del disinteresse, perché siamo stati e continuiamo ad essere delusi. E ci sentiamo stupidi e fregati a prenderci cura di qualcuno o qualcosa. Sì, sono uno che ama: lo dico anche se sono povero e non mi aiuta a essere famoso o popolare… Non è facile credere nell’amore o nella musica. Ma continuo e continuerò a farlo.
Tu vivi di musica. Quando suoni, quando ne parli si vede la passione che hai dentro. Ma questa passione immagino sia fatta anche di difficoltà e scoramenti, specie in una situazione come oggi dove suonare è complicato e le persone sembrano “distratte”. Grandi su e giù, dunque. Come si vive su questo “roller coaster”?
Credo in quello che sento nella musica blues e soul. Sono ispirato e commosso da persone come B.B. King e Lightnin Hopkins, Jimi Hendrix, Sly Stone e Stevie Wonder… Non guardo la tv e credo che uno non abbia bisogno di essere bugiardo o falso. Mi aggrappo a me stesso, all’amore, alla musica, alla sincerità, all’empatia. Cerco di vivere così.
Domanda extra-musicale. Ma cosa ci fa uno di Brooklyn a Parma? I provinciali come noi vogliono la metropoli… E tu invece?
Amore.
Potete ascoltare e ordinare “Lovegenerator” su Bandcamp. O ascoltarlo dal vivo il 4 marzo nei dintorni di Parma (Libera Enologica Musicale) e il 5 a Milano (Spazio Teatro 89). Ma altre date si aggiungeranno. E allora Got Love if You Want it…