di Kos Tedde
Manco da due anni: 8 febbraio 2020, concerto di Ryley Walker in zona Navigli. Da lì a qualche giorno sarebbe cominciato tutto…
Così mi ritrovo in piazza Duomo sotto una pioggia leggera. Obiettivo maniacale: vedere più mostre nel minore tempo possibile.
Per fortuna sono tutte qua, tra Palazzo Reale e Museo del Novecento: l’antologica “Frammenti” di Tullio Pericoli, “Realismo Magico”, “Mario Sironi. Sintesi e grandiosità”.
La prima mi ha spinto alla trasferta: termina tra pochi giorni, il 9 gennaio. Certamente, la meno istituzionale. Infatti, nella parte finale della mattinata, incontro solo una coppia.
Pioggia, FP2, Green Pass, prenotazioni sul telefono, verifica accrediti, misura della temperatura, “avrò dimenticato qualcosa?”: ansia.
Ma sono dentro. Nella prima sala mi accoglie subito ciò che, in fondo, mi aveva portato qui: gli splendidi “paesaggi”, in particolare modo quelli di una decina d’anni fa. Le natie colline delle Marche, d’accordo.
Ma, innanzitutto, segni, anche finissimi, che si rincorrono: il bianco della tela, il nero che può descrivere il profilo di rilievi, filari, colture, corsi d’acqua, valloni… Difficile capire come guardarli: mappe? visioni dall’alto? Ma si espandono anche in orizzontale; in alto il cielo, striscia sottile. Si intuiscono alberi, lettere, figure umane. A un passo dall’astrazione, ma è il passo mancante che sembra contare.
Pericoli (1936, milanese d’elezione) è celeberrimo per disegni e ritratti che compaiono da decenni su giornali e riviste di tutto il mondo. Ma io lo “scopro” per il tramite del critico Massimo Raffaeli – leggetelo e ascoltatelo ovunque riusciate, sia Il Manifesto o Radio 3 – che lo inserisce nella linea marchigiana comprendente almeno, senza voler scomodare il “giovane favoloso”, il pittore Osvaldo Licini, il fotografo Mario Giacomelli, i poeti Franco Scataglini e Francesco Scarabicchi.
Nelle sale di mezzo si arretra a fine anni Settanta: magnifici acquerelli che omaggiano Paul Klee. Anche qui segni finissimi, minimi, come tenui miraggi emersi dal foglio. Opere da decifrare, paradossali catene di espressioni algebriche composte da simboli ed elementi naturali. Il segno grafico diventa scrittura, righe di parole occupano come flutti la parte inferiore del quadro.
Poi ancora paesaggi in piccoli formati e acquerelli più primari ed evanescenti.
Intercetto un dialogo della copia:
“Ma cosa significa? Cosa vorrà dire?”.
“Non si deve capire tutto”.
Nell’ultima sala una scelta di ritratti con tecniche e formati diversi: Proust, Celine, Nietzsche, Primo Levi, Wilde, Kafka, Testori, Pavese. Due dedicati a Samuel Beckett che viene sempre alla grande, quadro o foto che sia. Le sopracciglia spesse e nere – come i tratti di paesaggio – sono il fulcro di un Pasolini mentre quello, magnifico, che ritrae l’editore Carlo Caracciolo affiora in-formale dal bianco della tela.
Ha ancora senso macinare chilometri per vedere una mostra? Sì.
immagine in evidenza: Tullio Pericoli, Combinazioni, 2021