di Alberto Zanetti
Un festival cult, un marchio mondiale della sperimentazione, un luogo ormai leggendario: ci sarebbero tutti gli ingredienti per una tranquilla maturità… In realtà Santarcangelo Festival – in programma nella cittadina romagnola dal 5 al 14 luglio 2019 – è un organismo in costante mutazione che mette in circolo una concezione di evento, arte e spettacolo che travalica barriere e mira a uno spettatore (cittadino?) nuovo. Ne abbiamo parlato con le curatrici Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino.
Un appassionato di teatro, di danza, di olismo, di sport, di musica, di clubbing, di cause civili, di puro divertimento?… Qual è lo spettatore ideale di Santarcangelo?
Lisa: Gli spettatori ideali di Santarcangelo Festival sono tutte e tutti. Non solo… Quest’anno anche appassionati di canti tradizionali folklorici della Bielorussia, di arte circense, di nuoto sincronizzato, fan di Stefania Belmondo, persone che amano baciare e molto altro…
Lo scandalo, la rottura, l’invettiva: sono queste le parole che, di solito, associamo ai territori della “ricerca”… Quest’anno avete scelto, invece, un titolo, “Slow & Gentle” che sembra andare in una direzione opposta? Perché? Abbiamo bisogno di dolcezza?
Lisa: Non abbiamo immaginato il termine gentle specificatamente come “dolcezza”, ma come gentilezza e delicatezza. Pensiamo che possano essere più dirompenti dell’invettiva perché di fatto interrompono un ritmo e una condizione ai quali ci stiamo forse abituando.
Eva: Vogliamo suggerire la possibilità di acquisire un pensiero critico e uno sguardo più profondo. È una posizione politica: non pensiamo che la lentezza e la gentilezza siano “dolci”, ma piuttosto che un cambiamento radicale possa arrivare anche in modo lento e delicato.
Lisa: Lentezza e gentilezza sono le condizioni per un ascolto più profondo. È una reazione al clima di aggressività in cui viviamo.
Il programma presta una grande attenzione a una riflessione sul presente. Siete preoccupate da quello che stiamo vivendo? E come vanno d’accordo il discorso sulla cronaca con la sperimentazione e/o l’avanguardia che sembrano porsi al di là del tempo (soprattutto di quello quotidiano)?
Eva: Non esiste opera d’arte creata “al di là del tempo”. Un esempio è il progetto “Domínio Público“, che presentiamo al Festival: quattro artisti brasiliani analizzano la storia della Monna Lisa. Slowly and gently, de-costruiscono il valore storico e culturale di quest’opera, considerata un capolavoro al di là del tempo, la cui fortuna è cambiata radicalmente nel corso dei secoli. Nello spettacolo, i quattro artisti raccontano come l’importanza della Monna Lisa sia vertiginosamente aumentata a partire dallo scandaloso furto che ha coinvolto l’opera, dimostrando come la narrazione storica di qualsiasi lavoro artistico influenzi il suo valore sociale e culturale. Non a caso Elisabete Finger, Maikon K, Renata Carvalho e Wagner Schwartz sono stati accusati di oscenità in seguito alle proprie performance, ritrovandosi al centro di accesi dibattiti sulla libertà di espressione, la censura e i confini morali nel campo dell’arte.
Una direttrice ama tutte le sue creature… ma potete segnalarci qualche evento imperdibile o curioso o nascosto di queste ricchissime giornate?
Eva e Lisa: Un evento imperdibile è la performance d’apertura del Festival: “Dragon, rest your head on the seabed” dei madrileni Pablo Esbert Lilienfeld e Federico Vladimir Strate Pezdirc. Una composizione per sei nuotatrici sincronizzate e una piscina che fonde danza, sport e fantascienza, in anteprima nazionale il 5 e 6 luglio presso la Piscina Olimpionica di Serravalle a San Marino.
“Lighter Than Woman” è un lavoro frutto di tre anni di incontri e conversazioni tra l’artista estone Kristina Norman e una comunità di badanti residenti a Santarcangelo e Bologna: in questa performance-documentario Kristina riflette su come un gruppo di donne con differenti background affronti il peso del lavoro, imparando a convivere con l’ambivalenza della propria condizione, trovando senso e gioia, oltre che naturalmente delle difficoltà, nelle loro nuove circostanze di vita, lontano dal paese d’origine.
È possibile, secondo voi, andare oltre il concetto “alimentare” di “consumo culturale”? è ancora vero che la cultura ci rende persone più ricche, espanse… migliori?
Eva: Personalmente trasferirmi in Italia e incontrare una cultura completamente nuova è stata un’esperienza che mi ha arricchito molto. Forse non mi ha reso una persona migliore ma conoscere la comunità di Santarcangelo e il panorama artistico di questo Paese, e soprattutto di questa regione, mi ha sicuramente dato molto dal punto di vista umano e culturale. Un panorama culturale estremamente ricco e variegato di cui quest’anno offriamo al Festival una vasta selezione. In questo senso, penso sia giusto citare almeno la ricerca di Alessandro Sciarroni sulla polka chinata, una danza tradizionale diffusa a Bologna e che rischia l’estinzione. Il progetto, “Save the last dance for me“, consiste in un workshop aperto a tutti, gratuito, e una serie di performance pubbliche in diversi luoghi del Festival: per dieci giorni, chiunque potrà imparare i passi base della polka chinata, esibendosi poi di fronte a un pubblico o semplicemente osservare da spettatore.
Oggi in tanti parlano di eventi o installazioni “site specific”. A Santarcangelo questa dimensione partecipata del luogo ospitante e delle persone che lo abitano è un tratto distintivo da quasi cinquant’anni: che forma ha preso oggi? Può parlarci “al futuro”?
Lisa: Santarcangelo Festival è sempre stato un progetto in cui gli artisti si mettono in gioco riadattando le proprie creazioni a spazi molto diversi. In tutta la città c’è una sola sala teatrale, il Teatro Lavatoio, quindi la maggior parte dei lavori vengono presentati in giardini, palestre, piscine, chiese… Mi sento di dire che in questa 49^ edizione abbiamo avuto un approccio ancora più radicale rispetto alla questione del “site specific”, ascoltando più profondamente la natura degli spazi, usandoli così come sono anziché riallestirli e coprirli con delle quinte nere. In questo senso ci viene incontro l’idea della dimensione “unplugged”, termine specifico dell’ambito musicale che è diventato popolare negli anni ‘90 grazie a una celebre serie di MTV: un’immagine iniziale che non è un semplice riferimento drammaturgico ma rappresenta la natura stessa del Festival, che noi abbiamo voluto interpretare in due modi. Da un lato con una visione di un’intimità e una prossimità con gli spettatori, una ricerca di vicinanza – lo dimostra la presenza di alcuni progetti per uno spettatore, spettatrice alla volta; dall’altro con la volontà di mantenere fedelmente invariata la natura degli spazi.
Abbandoniamoci al “luogo comune”: qual è il segreto della Romagna, il suo tenere insieme una tonalità locale verace, bizzarra, unica e una dimensione organizzativa, relazionale, intellettuale internazionale?
Lisa: I veri segreti non si svelano. Come dicevamo prima, questo progetto è anche un invito ad accogliere la complessità del reale. Sicuramente la Romagna è una terra magica, come magiche sono le persone che la abitano. Con Eva abbiamo deciso di dedicare un progetto alle particolarità degli abitanti romagnoli: le “Conferenze Santarcangioline” sono dei talk a cura di Eva Geatti; un progetto nato dal desiderio di condividere con tutti la ricchezza e la varietà dei paesaggi umani di Santarcangelo e dintorni. Nei tre appuntamenti alcuni abitanti di Santarcangelo e dintorni parleranno di sé e delle proprie passioni.
Curate il festival da 3 anni… potreste parlarci della vostra esperienza? Il curatore è ancora visto dal grande pubblico come una nota a margine e, invece, guardando più da vicino sembra una specie di superman (o supergirl…); ad esempio, come si fa a tenere insieme tanti artisti, enti, lavoratori, associazioni, persone e a connetterli su un terreno comune?
Eva: Abbiamo dei super poteri.
(1 luglio 2019)
Info:
www.santarcangelofestival.com
www.facebook.com/SANTARCANGELOFESTIVAL/
Foto di Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino: Valentina Bianchi
Foto di “Domínio Público”: Humberto Araujo